Estate, tempo di vacanze e le nostre spiagge si affollano. In qualche sfortunato caso, a pescatori e non solo, capita un incontro ravvicinato con l’aculeo della tracina.

La tracina (Trachinus Vipera) conosciuta anche con il nome di “pesce ragno” è un pesce comune dei fondali sabbiosi sia in mare aperto che vicino alla riva; si ciba di piccoli pesci e crostacei. Non ha molti predatori, poiché la sua puntura è un’esperienza terribile per chiunque provi a divorarla. E’ pescata dall’uomo, che ne apprezza le carni delicate soprattutto nella zuppa di pesce. Le tracine si immergono nel fondale sabbioso, lasciando liberi solo gli occhi e le spine velenifere. Quando una preda capita a portata di bocca esse escono velocemente fuori dal loro nascondiglio. Per questo motivo facilmente viene disturbata dai bagnanti che possono riportare una puntura della pianta del piede da parte della spina dorsale del pesce. Anche i pescatori, pulendo le reti, possono pungersi alle mani o alle gambe.

Il veleno della tracina provoca dolore intenso. Il dolore è la caratteristica principale della puntura di tracina; esso è acuto, profondo, frequentemente irradiato alla parte prossimale dell’arto. Il dolore raggiunge l’acme di intensità entro 30 minuti dalla puntura e poi lentamente diminuisce, ma una certa dolenzia della parte interessata può persistere fino a 24 ore, a volte con residuo di formicolii ed altre alterazioni della sensibilità. Occasionalmente può accadere che il dolore si propaghi alle stazioni linfonodali tributarie; ad esempio all’inguine in caso di puntura della pianta del piede o al cavo ascellare per puntura della mano.

In alcuni casi, soprattutto quando c’è anche forte ansia o in casi estremi (affaticamento, disidratazione), si possono avere nausea, vomito, tremori e svenimento.

Per cominciare, se possibile, di deve far uscire al più presto il veleno iniettato spremendo la zona della puntura. Si deve sempre controllare l’assenza di frammenti di aculei sotto la pelle, disinfettare e premere sulla puntura per fermare la eventuale fuoriuscita di sangue. Ricordatevi di stare a riposo e all’ombra e, se non c’è nausea, di bere acqua non fredda a piccoli sorsi (2 litri in 24 ore, specie in estate, è il minimo da fare).

Il veleno non è mortale ed è termolabile: può essere utile immergere la parte colpita, in genere la mano o il piede, per almeno un’ora nell’acqua molto calda, anche salata. In qualche caso, in mancanza di meglio e senza ritardare il ritorno in un vicino luogo fresco dove riposare, la sabbia calda o la lamiera infuocata di un auto possono essere di una qualche utilità. Utile, alla fine, una pomata antistaminica.

Il ruolo del medico è quello di controllare lo stato generale e locale, di prescrivere antidolorifici nel caso se ne preveda la necessità (per la notte, per esempio) e di consigliare sulla profilassi antitetanica (il rischio del tetano è presente per ogni tipo di puntura).

Bibliografia

  1. Halpern P, Sorkine P, Raskin Y. Envenomation by Trachinus draco in the eastern Mediterranean. Eur J Emerg Med Sep 2002; 9(3) :274-7
  2. Dekker CJ. [Chronic pain and impairment of function after a sting by the great weaver fish (Trachinus draco)]. Ned Tijdschr Geneeskd May 2001; 145(18) :881-4

2 risposte a “Le punture di tracina”

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