Il termine “Epilessia” raggruppa un’ampia costellazione di quadri clinici di pertinenza neurologica, accomunati dalla occorrenza/ricorrenza di manifestazioni cliniche accessuali (le “crisi epilettiche”). Le manifestazioni cliniche delle crisi sono riconducibili, come meccanismo, ad una alterazione transitoria (di durata generalmente compresa tra pochi secondi e qualche minuto) dell’attività bioelettrica che anima il normale funzionamento del cervello.

La diversa distribuzione di queste alterazioni bioelettriche entro le strutture cerebrali (in particolare la corteccia cerebrale) motiva le differenze, in termini di manifestazioni cliniche, tra i diversi tipi di crisi epilettica.

Le crisi epilettiche si manifestano con fenomeni clinici/comportamentali transitori, eterogenei per tipologia e interferenza sulla vita quotidiana: da sensazioni o movimenti involontari molto circoscritti che a volte solo l’interessato percepisce e che riesce a dissimulare e controllare, fino a crisi che impressionano gli astanti per le loro manifestazioni apparentemente drammatiche (come le crisi generalizzate tonico-cloniche, dette in passato “crisi di Grande Male”, con perdita di coscienza, brusca caduta a terra se il paziente si trova in piedi, e convulsioni diffuse a tutto il corpo).

Alcuni tipi di crisi, apparentemente meno drammatiche, espongono la persona colpita a pericoli a causa di alterazione del normale contatto con l’ambiente esterno (come nelle crisi di “Assenza”), talvolta associata a comportamenti anche complessi condotti però in modo automatico e senza il normale controllo percettivo (come può accadere in certi tipi di crisi “focale”, cioè determinata da alterazioni bioelettriche circoscritte ad alcune aree della corteccia cerebrale). Quest’ultimo tipo di crisi, con assenza di reazione ai richiami e alle sollecitazioni ambientali magari associata all’esecuzione automatica di azioni inadeguate al contesto (deambulare distrattamente, compiere attività manuali senza costrutto o inappropriate), si presta particolarmente ad equivoci nell’interpretazioni da parte di testimoni che non siano al corrente della condizione della persona, o poco informati sulle caratteristiche della malattia in generale e della sua elevata frequenza nella popolazione: queste manifestazioni possono essere erroneamente interpretate, ad esempio, come disturbi psichici.

Una certa percentuale di persone con epilessia presenta crisi esclusivamente durante sonno.

Le cause delle diverse forme di epilessia sono numerose ed eterogenee: da una serie di patologie, quali esiti di sofferenza del cervello del nascituro nel corso di un parto travagliato, malformazioni del cervello o dei suoi vasi sanguigni, tumori cerebrali, eventi lesivi quali gravi traumi cranici, ictus, infezioni cerebrali e altre, alle possibili cause genetiche (alle quali vengono attualmente ricondotte alcune delle forme di epilessia senza causa lesionale documentabile, e che sono negli ultimi anni oggetto di estese ricerche).

Le persone affette da epilessia possono presentare pertanto caratteristiche individuali diverse, da una assoluta normalità di performance al di fuori delle crisi, alla possibile presenza di deficit “neuropsichici” di variabile entità, riconducibili a lesioni del cervello che sono nel contempo alla base delle crisi epilettiche.

Il singolo paziente presenta tendenzialmente un singolo o alcuni-pochi tipi di crisi nel decorso della malattia. È noto che tipi diversi di crisi possono occorrere associati in modo caratteristico nello stesso paziente, come accade per la combinazione tra crisi di “Grande Male”, crisi di Assenza e Mioclonie epilettiche generalizzate che possono presentarsi nello stesso paziente in forme di epilessia (“Generalizzate Idiopatiche”) che esordiscono tra l’infanzia e l’adolescenza in bambini e ragazzi che non mostrano altre problematiche al di fuori delle crisi.

Si stima che fino a 1 soggetto su 100 abbia una diagnosi di epilessia nei paesi industrializzati.

Il trattamento dell’epilessia è in prima istanza farmacologico, tramite l’utilizzo di specifici farmaci “antiepilettici” (attualmente ne sono disponibili circa venti, utilizzabili in monoterapia o se necessario in combinazione tra loro).

La neurochirurgia dell’epilessia, principalmente in persone con epilessia focale resistente ai farmaci, è volta alla rimozione della zona del cervello che genera le crisi tramite interventi neurochirurgici mirati. L’intervento è preceduto da accurata valutazione della zona epilettogena e della possibilità di rimuoverla senza causare deficit neurologici inaccettabili.

La percezione sociale dell’epilessia e la sua corretta interpretazione nell’immaginario collettivo, come emerso da studi mirati condotti anche nel nostro Paese, sono potenzialmente limitate anche da alcuni fattori legati alla malattia:

  • alcune forme di epilessia ad esordio infantile presentano guarigione spontanea e definitiva entro l’adolescenza;
  • si ottiene il controllo completo a lungo termine delle crisi con la specifica terapia farmacologica nel 70-80% dei casi;
  • le crisi epilettiche possono essere ridotte, come detto, a manifestazioni esternamente impercettibili;
  • nella maggioranza dei casi di epilessia le problematiche per la persona affetta sono costituite esclusivamente o principalmente dal problema delle crisi, e il completo controllo di queste consente l’acquisizione o il mantenimento di identità sociali di rilievo.

La conoscenza limitata della malattia e di queste proiezioni tendenzialmente favorevoli contribuisce verosimilmente ad alimentare i pregiudizi e, più in generale, gli stereotipi culturali di cui l’epilessia è gravata e di cui le persone affette si trovano frequentemente a soffrire.

Non c’è dubbio tuttavia che l’occorrenza di crisi epilettiche, per le sue implicazioni mediche, sociali e burocratiche, rappresenti concretamente un’incrinatura almeno temporanea nell’identità sociale effettiva di una persona.

Una crisi epilettica si risolve di solito spontaneamente nell’arco di qualche minuto al massimo, ed è noto che le crisi di per sé comportano raramente rischi lesivi importanti, e solo sporadicamente conseguenze fatali.

Purtroppo le crisi epilettiche occorrono in modo del tutto imprevedibile (“fortuite”) nella grande maggioranza (oltre l’80%) dei pazienti con epilessia. Pertanto in una persona con epilessia con rischio di ricorrenza di crisi ancora elevato, il pericolo che queste possano mettere a repentaglio la sicurezza del paziente impone ragionevolmente alcune limitazioni, almeno temporanee, all’esercizio di alcune attività.

La pratica medica epilettologica è frequentemente investita di ruolo consultivo particolarmente in alcuni ambiti medico-sociali e personali che una persona con epilessia si trova ad attraversare nelle diverse età e con diverse esigenze.

Le situazioni che seguono raffigurano le problematiche di più comune rilievo.

  1. Il bambino e l’adolescente a scuola Atteggiamenti psicologici conflittuali o eccessivamente protettivi dei genitori, una ridotta competenza specifica degli insegnanti, l’informazione scarsa sul problema tra i coetanei possono ostacolare un adeguato inserimento scolastico in un periodo già complicato dal timore e dal rischio concreto dell’occorrenza di crisi in classe e, talvolta, dagli effetti delle crisi e dei farmaci antiepilettici sulle capacità di apprendimento.
  2. La pratica di attività sportiva Circostanza favorevole di espressione, realizzazione e aggregazione, essa è oggetto di certificazioni mediche di idoneità differenziate per competenza professionale secondo il livello (non agonistica, agonistica). Se l’attività fisica notoriamente non facilita di solito l’occorrenza di crisi epilettiche, esistono tuttavia attività sportive “a rischio intrinseco” (quali ad esempio gli sport acquatici o motoristici). L’idoneità andrebbe pertanto ponderata individualmente sulla base delle condizioni generali del soggetto e della tipologia di attività che desidera intraprendere. Sono disponibili in proposito “Raccomandazioni” interdisciplinari redatte da società scientifiche, e classificazioni delle attività sportive che ne prendono in considerazione l’impegno cardiocircolatorio, metabolico e neurovegetativo specifico (con possibili implicazioni riguardanti la disabilità cui le crisi possono essere associate e i possibili effetti sistemici dei farmaci antiepilettici).
  3. Le giovani donne con prospettive di gravidanza Gli effetti di una gravidanza sul decorso delle crisi epilettiche sono poco prevedibili, ma è anche noto che una certa proporzione (attorno al 30%) di donne con crisi non ancora controllate presenta un miglioramento nel corso della gravidanza. I rischi per il nascituro legati all’occorrenza di crisi “maggiori” e i possibili rischi di malformazioni fetali (“teratogeni”) dei farmaci antiepilettici sono stati negli ultimi decenni oggetto di osservazioni approfondite tramite la raccolta in registri nazionali e internazionali dei dati relativi a gravidanze in donne con epilessia. Più recentemente alcune osservazioni, concernenti possibili effetti sullo sviluppo psicomotorio nei primi anni di vita dell’esposizione del feto ad alcuni farmaci antiepilettici assunti dalla madre, hanno reso più complesse le scelte riguardanti il trattamento in corso di gravidanza.
  4. L’idoneità alla guida di veicoli a motore Al momento attuale vissuta come elemento emblematico dell’autonomia personale, spesso discriminante per concrete possibilità lavorative. A fronte di numerose “zone d’ombra” normative, il problema è stato oggetto di una recente revisione legislativa (DL 59, 18 aprile 2011) che si è avvalsa a livello europeo della consulenza di medici esperti del settore. Il DL è basato sulle attuali conoscenze epidemiologiche e prognostiche, ed è teso a normare il periodo libero da crisi richiesto ad una persona con epilessia per l’acquisizione di idoneità di diverso grado. Esso elenca condizioni cliniche diverse per rischio statistico di ricorrenza di crisi, ed utilizza inoltre in modo sostanziale il moderno concetto di “guarigione dell’epilessia”. I correnti modelli obbligatori di certificazione richiamano la responsabilità individuale della persona con epilessia nella dichiarazione veridica di aspetti della propria condizione clinica, che solo l’interessato è in grado di conoscere e nessun medico o ente pubblico in grado di verificare.
  5. L’inserimento nel mondo del lavoro e le alternative pensionisticheL’epilessia di per sé non impedisce lo svolgimento normale di attività lavorativa. E’ tuttavia evidente che l’occorrenza di una crisi epilettica durante alcune attività lavorative può mettere a repentaglio la sicurezza del paziente e di altre persone. Il datore di lavoro, soprattutto privato, solleva spesso difficoltà all’inserimento occupazionale di persone con epilessia, nell’intento di prevenire nella propria azienda le possibili complicazioni di varia natura di cui può essere fonte un dipendente con una malattia la cui conoscenza è di solito superficiale e che ha fama di essere cronica e imprevedibile. Queste difficoltà inducono spesso i richiedenti a nascondere la propria malattia, esponendosi a rischi assicurativi e a più facile licenziamento in caso di occorrenza di crisi sul posto di lavoro. Le norme che regolano il riconoscimento dell’invalidità civile alle persone con epilessia sono basate sostanzialmente sulle caratteristiche delle crisi e sulla loro frequenza corrente. Esse prevedono livelli diversi di riconoscimento, in base alle crisi e ad eventuali disabilità associate, dalla possibilità di iscrizione alle liste di collocamento per categorie protette (previo il riconoscimento di invalidità ≥ 46 %) fino all’assegno di accompagnamento per i casi riconosciuti come più gravi dalle Commissioni medico-legali dell’INPS di competenza territoriale. L’inserimento lavorativo anche entro categorie protette appare spesso difficoltoso nell’attuale congiuntura economica.

 

MINI-GLOSSARIO PSICOSOCIALE

Stereotipo | Complesso delle conoscenze che ritraggono gli appartenenti a un gruppo o una categoria. Atteggiamento condiviso da un gruppo sociale (o da gran parte di esso) che si riferisce ad un altro gruppo sociale. Un insieme di credenze sugli attributi personali di una categoria sociale.

Pregiudizio | Stereotipo scarsamente fondato su dati verificabili, appreso indirettamente attraverso i processi di socializzazione piuttosto che sull’esperienza diretta. Atteggiamento verso una categoria o un gruppo di persone, che si forma entro relazioni di inter-gruppo.

Stigma | Marchio, segno distintivo personale che è oggetto di disapprovazione sociale. Nella attuale accezione delle Scienze Sociali, termine introdotto da Goffmann (1963) con significato di undesired differentness. I soggetto “stigmatizzati” lo sono a causa di qualche caratteristica indesiderata, potenzialmente fonte di discredito. La presenza di questa caratteristica può determinare una discrepanza tra ciò che un individuo potrebbe essere (Identità Sociale Virtuale) e quello che realmente è per la società (Identità Sociale Effettiva). Secondo alcuni modelli, il problema dello stigma nelle persone con epilessia è meglio compreso operando una distinzione tra “Stigma messo in atto” (episodi concreti di discriminazione, fondati unicamente sulla presenza di epilessia) e “Stigma percepito” (disagio-vergogna per la malattia, timore di impattare lo stigma messo in atto).

Dimensioni dello Stigma | Sono indicate da Jones (1984) come: – 1) occultabilità – 2) decorso – 3) distruttività – 4) aspetti esteriori – 5) origine -6) pericolosità.

Qualità della vita (QOL) | Istanza concernente il benessere del singolo soggetto. Non esiste una definizione univoca. E’ teoricamente vincolata a molte variabili individuali e ad aspetti di percezione soggettiva. Nelle persone con epilessia la completa libertà dalle crisi è risultata essere la singola variabile più determinante di QOL.

Qualità della vita correlata alla salute (HRQOL) | Aspetti del benessere individuale correlati alla salute, valutabili con strumenti specifici e validati, virtualmente modificabili con interventi medici (è pertinente alla mission della Medicina).

Autore | Carlo Andrea Galimberti, Istituto Neurologico Mondino di Pavia